Come terraformare Marte - CON I LASER. | Kurzgesagt

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Trascrizione

Marte è un vero postaccio

praticamente privo di tutto ciò che ci serve per restare vivi.

A quanto pare potremo inviare solo piccoli equipaggi

costretti a vivere nascosti nel sottosuolo.

Oppure potremmo terraformarlo in un mondo nuovo e lussureggiante.

Ma per risolvere i problemi del pianeta dobbiamo prima peggiorarli,

trasformandolo in un oceano di lava grazie a dei laser giganti.

Non è l’ennesimo e inverosimile racconto di fantascienza.

Terraformare Marte è possibile,

su una scala temporale che nell’antichità ci permise di creare grandi monumenti.

Se l’umanità risolvesse alcuni dei suoi problemi più urgenti

e si avventurasse nello spazio per espandersi nel Sistema Solare,

sarebbe un obiettivo alla nostra portata.

Ok, quindi come terraformiamo rapidamente Marte?

Beh, è complicato.

Marte è arido e nel suo terreno non può crescere nulla.

L’atmosfera è troppo rarefatta da respirare

o per proteggerci dalle radiazioni, aumentando i rischi di cancro.

Per trasformarlo in una nuova casa per l’umanità

dovremmo dargli un’atmosfera simile a quella della Terra.

Dovrebbe essere composta al 21% da ossigeno,

al 79% da azoto più una spruzzata di CO2,

ad una temperatura media di 14 °C e ad 1 bar di pressione.

Dovremmo creare fiumi e oceani

e rendere fertile il terreno in modo che possa ospitare la vita.

Poi dovremmo installare una biosfera sulla superficie

e proteggerla con misure che durino nel tempo.

È complesso, ma un laser gigante semplificherebbe molto le cose.

[Sfida 1: L’atmosfera]

Circa 4 miliardi di anni fa, Marte aveva un’atmosfera ricca di ossigeno

e ospitava fiumi e vasti oceani.

Fu così per centinaia milioni di anni, prima che tutto svanisse.

I raggi ultravioletti scomposero prima i gas dell’atmosfera e poi gli oceani,

che furono spazzati via dal vento solare.

Oggi Marte è arido e desolato.

Fortunatamente una considerevole quantità d’acqua

è ancora congelata nelle calotte polari e nei bacini sotterranei

in quantità sufficiente a creare un oceano poco profondo.

Inoltre, un’enorme quantità di ossigeno

è imprigionata nei minerali delle rocce marziane

– come l’ossigeno nell’ossido di ferro che dona al pianeta il suo color ruggine –

così come l’anidride carbonica nei carbonati.

Per liberare questi gas dobbiamo invertire le reazioni

che li imprigionano usando la termolisi

che avviene a temperature paragonabili a quelle della superficie del Sole.

In breve, vogliamo fondere la superficie di Marte.

Il modo migliore sarebbe mettere in orbita dei laser

puntando i loro raggi verso la superficie.

Al momento il laser più potente è l’ELI-NP,

che è in grado di produrre raggi da 10 petawatt

per un trilionesimo di secondo.

Per fondere Marte ci servirebbe un laser due volte più potente

che operi ininterrottamente.

Il modo più facile sarebbe usare un laser

che può essere alimentato direttamente dalla luce solare.

Al suo interno ci sono barre di vetro infuse di metallo

che assorbono l’energia e la rilasciano sotto forma di raggio laser.

Se costruissimo una schiera di specchi grande undici volte gli Stati Uniti,

potremmo focalizzare abbastanza luce solare da fondere Marte.

Facciamolo!

I laser colpiscono la superficie

liberando circa 750 chilogrammi di ossigeno e 50 di anidride carbonica

per ogni metro cubo di roccia fusa.

Con la giusta efficienza, i laser dovrebbero fondere

solo i primi 8 metri della superficie per ottenere l’ossigeno necessario.

Sarebbe uno spettacolo spaventoso.

I cieli sarebbero avvolti dalle tempeste

mentre il terreno rovente sarebbe solcato da correnti di lava.

I laser spazzerebbero senza sosta la superficie,

tracciando delle scie così brillanti da accecarci.

Dopo il loro passaggio, il terreno si raffredda rapidamente.

Cade una neve strana:

le ceneri degli elementi che, raffreddandosi, si solidificano,

come silicio e ferro.

In questa fase Marte è ancora un pianeta freddo.

Un piacevole effetto collaterale

è che l’acqua nelle calotte polari e persino quella nel sottosuolo

risale sotto forma di vapore caldo,

formando nuvole di pioggia che ricade sull’intero pianeta.

L’atmosfera viene ripulita dai gas più pericolosi come il cloro,

così come la superficie dagli elementi nocivi.

Si formano quindi degli oceani poco profondi

e più salati di quelli terrestri.

Potrebbe essere necessaria un’ulteriore pulizia.

I laser dovrebbero lavorare senza sosta per 50 anni

per creare la nostra atmosfera ricca d’ossigeno.

Potremmo sfruttare questa opportunità per scavare più in profondità

e creare i bacini per fiumi e oceani salati,

risparmiando così luoghi illustri come Mons Olympus e Valles Marineris.

Ma non abbiamo finito.

L’atmosfera che ne deriva è composta quasi al 100% da ossigeno

ed è a soli 0,2 bar.

È difficile da respirare e decisamente infiammabile.

Per renderla più sicura e simile a quella terrestre,

dobbiamo aggiungere molto azoto, di cui però Marte è privo.

Bisogna importarlo.

La fonte ideale è Titano, una grande luna di Saturno

avvolta da una spessa atmosfera composta quasi interamente da azoto.

Dobbiamo solamente spostare 3000 bilioni di tonnellate

dal Sistema Solare esterno a Marte.

Per quanto difficile, è fattibile.

Per trattare l’atmosfera di Titano

dobbiamo costruire gigantesche fabbriche automatizzate sulla superficie

alimentate dai nostri laser per risucchiare l’atmosfera

e comprimerla fino a liquefarla.

Viene quindi pompata in serbatoi

che una catapulta elettromagnetica sparerà verso Marte

dove esploderanno, mischiandosi all’ossigeno.

Siamo già in grado di inviare missioni su Saturno nel giro di pochi anni:

con le adeguate risorse, dovremmo completare il tutto in due generazioni.

Ovviamente sarebbe molto più conveniente

usare l’azoto avanzato da un’eventuale terraformazione di Venere:

lo spieghiamo nel dettaglio in un altro video.

E così, circa un secolo dopo l’inizio del processo di terraformazione,

abbiamo un’atmosfera respirabile con il giusto equilibrio di gas.

Se la CO2 liberata non riscaldasse a sufficienza il pianeta,

basterebbe aggiungere dei super-gas serra.

A causa della lava raffreddata Marte sembra rivestito di marmo nero,

a parte gli oceani e le zone rosse della vecchia superficie rimaste intatte.

Tuttavia è ancora una landa desolata paragonabile ai deserti terrestri.

Dobbiamo riempirlo di vita.

[Sfida 2: La biosfera]

Insediare una biosfera in un nuovo pianeta è molto difficile.

Interazioni impreviste tra le specie o malattie improvvise

possono destabilizzarla fino al collasso.

Probabilmente inizieremmo seminando fitoplancton nei nuovi oceani.

Senza competizione, si diffonderebbe rapidamente

riempiendo gli oceani e diventando la base della catena alimentare acquatica.

Potrebbe essere seguito dallo zooplancton e poi dai pesci.

Forse persino da squali e balene.

Se andasse tutto per il verso giusto, la vita negli oceani prospererebbe.

La vita sulla terraferma è più difficile.

Le piante devono poter affondare le radici in un terreno ricco di nutrienti

ma la superficie è ricoperta dai residui solidificati di lava e cenere.

Potremmo attendere per migliaia di anni che acqua e vento li riducano in sabbia,

o potremmo farlo manualmente.

Ma vogliamo farlo in fretta. E abbiamo un laser gigante.

Accendendo e spegnendo il raggio,

il terreno si riscalderebbe velocemente per poi contrarsi,

frantumandosi in pezzi sempre più piccoli.

Aggiungendo un po’ di acqua si ottiene una sorta di fango scuro.

In questo fango possiamo mischiare funghi e batteri azotofissatori.

Sono capaci di assorbire l’azoto

e convertirlo in composti di nitrato per nutrire le piante.

Le prime piante sono native delle isole vulcaniche sulla Terra

perché si adattano perfettamente al paesaggio marziano alterato dai laser.

Col tempo, il fango arricchito funge da base per praterie e foreste.

Nella bassa gravità marziana

gli alberi possono diventare molto alti molto in fretta.

Le radici assorbono i nutrienti necessari,

espandendosi in profondità e trasformando altra roccia in terreno,

formando così un ecosistema autosostenibile.

A questo punto possiamo introdurre lentamente

altre varietà di piante, insetti e animali.

Evitando le zanzare.

La nuova biosfera va sorvegliata affinché resti in equilibrio.

Se le piante crescessero troppo in fretta assorbendo troppa anidride carbonica

il pianeta si raffredderebbe.

Se sparissero delle specie chiave,

altre popolazioni potrebbero collassare senza avere il tempo di riprendersi.

Sulla Terra, il vuoto verrebbe occupato da altre specie

ma la nostra biosfera marziana non è altrettanto flessibile.

Dovranno passare centinaia se non migliaia di anni

prima che l’ambiente di Marte si stabilizzi.

Ma alla fine il pianeta avrà la capacità di sostenere grandi colonie umane.

Con aria, acqua e cibo a disposizione possiamo finalmente chiamare Marte

– nero, blu e verde – la nostra casa.

Una gigantesca isola vulcanica nello spazio.

Ma durerebbe?

[Sfida 3: Il futuro remoto]

Rimane ancora un problema:

il nucleo di Marte non genera un campo magnetico

e quindi non è protetto dalla radiazione solare o dai raggi cosmici.

È un pericolo a lungo termine per la salute della popolazione marziana.

Quindi, come ultimo passo, serve un campo magnetico artificiale.

Non dev’essere grande come quello terrestre.

Deve solo deviare il vento solare in modo che aggiri Marte.

Il modo più semplice è costruire un ombrello magnetico lontano da Marte

che allontani il vento solare.

Basta un enorme anello superconduttore ad energia nucleare.

Orbiterebbe nel punto L1 nel sistema Marte-Sole

rimanendo costantemente tra Sole e Marte

proteggendo così la nuova atmosfera.

Tutto qui.

Terraformare Marte richiederebbe un po’ di lavoro,

ingenti risorse e probabilmente un secolo o un millennio,

ma per la prima volta vivremmo in una casa

progettata e modellata unicamente da noi e per noi.

Un primo passo verso il nostro futuro tra le stelle.

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