Passeggiamo - Passeggiamo con Anderson Cooper

Sam Sanchez: In questo episodio viene brevemente menzionato un argomento sensibile.

Anderson Cooper: Adoro fare delle passeggiate, specialmente a New York, perché per me è meditativo. Ho trascorso gran parte della mia vita andando di corsa da un posto all’altro e cercando di ottenere una storia, cercando di andare in un paese dove sta succedendo qualcosa. E quando sono lì, sono concentrato sul lavoro e sulla creazione di una storia, scrivere qualcosa che gli renda giustizia, che renda giustizia agli eventi che si svolgono attorno a me. Ma spesso non sento di essere davvero completamente presente.

[MUSICA INTRODUTTIVA]

Sam Sanchez: Questo è Passeggiamo, in cui alcune delle persone più interessanti e ispiratrici del mondo condividono storie, foto e canzoni che hanno influenzato le loro vite. Il conduttore della CNN Anderson Cooper ha vinto numerosi premi per il suo giornalismo e ha viaggiato per il mondo per coprire le notizie dell’ultima ora. In questa passeggiata, Anderson parla della sua educazione non convenzionale e di come le lezioni che ha appreso dai suoi genitori stiano ora influenzando il suo approccio all’essere padre.

[SUONO DEL TRAFFICO CITTADINO]

Anderson Cooper: Ho pensato di passeggiare sulla High Line perché la High Line è questo tratto di vecchia ferrovia soprelevata a New York nel Lower West Side, ed è stata trasformata in questo parco davvero unico circa 15 anni fa. E si possono ancora vedere le rotaie del treno su una parte. Questo è il tragitto che di solito compio per andare al lavoro. Va tipo dalla 14ª strada del Lower West Side a New York fino alla 34ª strada circa, ed è lì che si trova il mio ufficio. Quindi posso camminare su questa ferrovia soprelevata per tutto il percorso.

[SUONO DI PASSI]

C’è una stradina asfaltata su cui stiamo camminando e, a volte, si vedono le rotaie. Ma hanno anche piantato degli alberi, degli arbusti e dei fiori in un modo che la rende completamente unica e completamente come se… come se fosse tutto naturale. Non è… un parco come te lo immagineresti. E poi siamo due o tre piani più in alto della strada. Siamo al di sopra del trambusto e del viavai. Puoi sentire il cane di qualcuno perché stiamo camminando letteralmente accanto alla finestra di qualcuno.

[SUONO DI UN CANE CHE ABBAIA]

C’è un tizio che fa uscire il cane al mattino e lo sto salutando in questo momento. Quindi guardi all’interno delle stanze da letto e dei soggiorni della gente. E credo che la cosa più bella sia che… cambi il tuo punto di riferimento. Cioè… Ho vissuto a New York per tutta la mia vita. Sai, sono abituato a stare per strada, c’è trambusto e viavai e… Eppure, siamo al di sopra di tutto ciò. Ed è un modo fantastico per andare al lavoro, perché è una prospettiva della città molto diversa.

[SUONO DI UN ELICOTTERO]

Ho avuto un’educazione davvero straordinaria. Mia madre era Gloria Vanderbilt. Mio padre, Wyatt Cooper, era uno scrittore e, sai, c’erano sempre persone molto interessanti che venivano a casa nostra. Charlie Chaplin è venuto a cena, ricordo, quando avevo cinque anni. Truman Capote era sempre lì. Gordon Parks, il primo famoso fotografo afroamericano della rivista Life, era sempre lì. E, sai, non venivamo spostati tipo al tavolo dei bambini, a cena. Ci si aspettava che sedessimo al tavolo principale vicino a Truman Capote o Charlie Chaplin o Gordon Parks e che conversassimo con loro.

Ed era specialmente mio padre. Era il senso di mio padre che voleva che noi… crescessimo con la fiducia in noi stessi, che pensassimo: “Oh, ciò che abbiamo da dire è interessante. Non importa quanti anni abbiamo. È interessante.”

Quando ero bambino, avevo forse sei o sette anni, dopo cena dicevo a mio padre: “Andiamo in pizzeria”. E non era che avessi fame o che mio padre avesse fame, perché avevamo appena cenato. Ma andare in pizzeria, per me, era quella cosa che io e mio padre potevamo fare da soli senza mio fratello maggiore, Carter, che aveva due anni più di me, e senza mia madre. Era qualcosa che potevo fare da solo con mio padre.

E ci penso sempre perché ricordo quella sensazione di camminare per strada con lui, andare verso la pizzeria con la mia manina nella sua mano e letteralmente guardarlo dal basso. Ed era sempre così attento e presente e… Ascoltava ciò che avevo da dire. E, sai, ancora oggi, sembra sciocco da dire, ma ogni volta che sono in una pizzeria, sento l’odore della pizza che mi riporta a quando stavo seduto in questa squallida pizzeria dietro l’angolo rispetto a casa nostra e a quella sensazione di sicurezza, di essere con mio padre e lui che mi ascoltava ed era presente. E io… Sì, per me, ogni volta che faccio una passeggiata, penso… solo… Quello è il mio primo ricordo di una passeggiata e di essere con mio padre e non preso da, sai, qualsiasi dramma si creava con mio fratello o qualsiasi siano le preoccupazioni di un ragazzino di sei o sette anni, ma solo stare con mio padre, tranquillo e sicuro e circondato da amore e dalla sua presenza.

Ma quando avevo 10 anni, mio padre morì e io non sapevo neanche che fosse malato. Io… Aveva avuto un infarto due anni prima, cosa che all’epoca non sapevo. E quando muore qualcuno, credi che lo ricorderai per sempre. Credi che ricorderai sempre il suo odore o tutti gli incontri che avete avuto. E vorrei che fosse così nel caso di mio padre, ma ci sono tante cose che non ricordo e che non so.

Le cose che ricordo sono come dei piccoli frammenti. Ricordo quando guardavo la TV con lui. Stava sdraiato con la schiena sul pavimento e io poggiavo la testa sul suo petto e guardavo la TV. E ricordo il movimento del suo petto, che si alzava e si abbassava, come anche il suo stomaco, e riuscivo a sentire il suo cuore che batteva mentre guardavo la TV e il calore del suo petto. E quello per me… è un ricordo così radicato… e una sensazione di intimità che avevamo.

E quella è una delle cose terribili della perdita, che negli anni senti come se i ricordi scivolassero via e… la perdita di quei momenti intimi, il suono che faceva quando inseriva le chiavi nella porta ed entrava, sai, dopo il lavoro o… com’era la sua risata o il suono della sua voce. Un paio d’anni fa, un’organizzazione no profit, credo che si chiamasse Clocktower Radio, insomma loro restaurano vecchie interviste alla radio pubblica, e mio padre aveva fatto un’intervista per il libro che aveva scritto su com’era stato crescere in Mississippi intitolato “Families”, e questa organizzazione l’ha restaurata e l’ha messa online. E mi hanno mandato un’e-mail dicendo: “Sai, potresti ascoltare questa intervista radiofonica”.

Io… Io non l’avevo mai sentita prima. Non ne sapevo niente, ma ero in ufficio al lavoro e ho cliccato sul link e, all’improvviso, la voce di mio padre ha riempito la stanza del mio ufficio. Era la prima volta che sentivo la voce di mio padre da quando avevo 10 anni.

[CLIP RADIOFONICA DI CLOCKTOWER RADIO]

WYATT COOPER: Il mio rapporto con i miei figli, che sono entrambi straordinari, voglio dire, il mio rapporto con ciascuno dei miei figli è straordinario e… e… credo che siamo straordinariamente legati. E ci comprendiamo a vicenda nel modo più straordinario possibile. Voglio dire, non è solo il mio giudizio. È ciò che dicono le persone intorno a noi. E credo che quello… che questa cosa derivi dal fatto che ho sempre voluto dei figli, per tutta la vita, e nello specifico ho sempre voluto dei figli maschi. Quindi credo che potrei invertire i ruoli e… e che loro diventino i destinatari del tipo di paternità che avevo voluto.

[FINE CLIP RADIOFONICA DI CLOCKTOWER RADIO]

Ora mi rendo conto di quanto la mia vita sia stata una sorta di desiderio di ricatturare in qualche modo quelle sensazioni di sicurezza che avevo con mio padre quando andavamo di sera in quella squallida pizzeria. E, e io… Mi rendo conto che è una delle cose di cui sono così felice, nell’avere un figlio che possa provare la stessa cosa, quel senso di connessione, sicurezza e amore e di essere dall’altra parte di tutto ciò, di essere con mio figlio il tipo di padre che mio padre era con me. Ho chiamato mio figlio Wyatt in onore di mio padre. Il nome di mio padre era Wyatt Emory Cooper e il nome di mio figlio è Wyatt Morgan Cooper. Mi piace l’idea di connessione. Mio padre sperava spesso che la parte migliore di lui rimanesse dentro di me e mio fratello. E volevo che quella parte di lui continuasse a vivere in me… E volevo che mio figlio sapesse di mio padre e che fosse in grado non solo di trasformare il nome, ma il senso di sicurezza in sé stessi che si riceve dal sapere quanto si è amati e dal sapere di avere dei genitori e delle persone stabili e amorevoli attorno a te.

E, sai, le persone, con i loro figli, spesso vogliono in qualche modo correggere gli errori commessi dai propri genitori. Non sento questo nei confronti di mio padre… Non cerco di correggere qualcosa che non ha fatto. Cerco di ricreare tutte le cose che ha fatto bene e tramandarle in modo che mio figlio cresca nel modo in cui mio padre sperava che crescessi io, di essere una persona onesta e di avere un senso di moralità e dignità e compassione nei confronti degli altri, ed empatia.

[SUONO DEL TRAFFICO CITTADINO]

Mia madre era… questa donna eccezionale che ha vissuto questa vita straordinaria ed epica di grande amore e perdita e tragedia, era una… Era una sopravvissuta. Ma, di solito, quando si parla di sopravvissuti, sai, è come un cantante da piano bar che è duro come una roccia e viene messo al tappeto, e si rialza e canta una qualche canzone d’amore sull’accaduto. Lei non era affatto così. Non c’era nulla di duro in lei. Era la persona più aperta e sensibile che conoscessi. E per me, la sua più grande forza era la sua capacità di restare vulnerabile e ottimista di fronte a terribili tragedie.

Sai, mio fratello è morto suicida davanti a lei, è saltato giù dal balcone del nostro palazzo davanti a mia madre. Ed essere in grado di sopravvivere a quello è… Sai, è… È impensabile. Eppure, essere in grado non solo di sopravvivere a quello, ma anche mantenere la speranza e credere ancora nell’amore, credere ancora nelle possibilità, sai, quello… Mia madre diceva sempre: “Il telefono può suonare e la tua vita cambiare di colpo”.

E una volta… Una volta le dissi… Aveva 85 anni e io le dissi: “Tu credi ancora che ci sia un ragazzo su una nave al largo della costa della Francia che incontrerai e di cui ti innamorerai, e che ti porterà via al galoppo?" E lei mi guardò e disse: “Una nave? Uno yacht", e io pensai tipo: “Già, che sciocco”.

Mi sono sempre visto come un catastrofista. Non mi piace dire pessimista, perché pessimista suona così negativo, ma catastrofista suona in qualche modo nuovo ed eccitante. Mi aspetto sempre che debba accadere una qualche catastrofe, che nulla sia sicuro, e voglio essere preparato. Voglio sapere: “Qual è il mio piano se X, Y o Z accade?” Mia madre non aveva alcun piano e la cosa mi faceva impazzire da bambino perché… perché in qualche modo pensi che i tuoi genitori abbiano una specie di piano. C’è una specie di schema… Sai, credo che tutti speriamo che i nostri genitori siano in qualche modo diversi. Mia madre non era la madre tradizionale. Non preparava i biscotti e spesso non sapeva i nomi dei miei amici.

E quando… Tipo, durante una giornata a scuola in cui i genitori vengono a prendere i voti e incontrano gli insegnanti e roba del genere, pianificavo come un’operazione militare per far entrare e uscire mia madre dalla scuola facendo in modo che vedessero e interagissero con lei il minor numero di persone possibile. Volevo solo che andasse velocemente e tutto liscio, non perché ci fosse qualcosa che non andava in lei, ma si presentava tipo con un cappotto in pelliccia di castoro viola Zandra Rhodes. E, voglio dire, non so come facciano a far diventare viola i castori, ma non sarà un processo carino. Una volta, finalmente, le dissi: “Mamma, non potresti indossare qualcosa di simile agli altri genitori?” e così la volta successiva venne con questo completo di tweed molto stile Peck & Peck. Mi disse: “È più appropriato per te?” E, ovviamente, mi sentii in colpa e le dissi: “Sai una cosa? Sii te stessa e chi se ne frega”.

Ma è interessante quando cominci a cambiare nella vita e vedi i tuoi genitori con occhi diversi. E dopo la morte di mio padre, vidi mia madre alla sua veglia. La vidi al funerale e vidi il dolore che stava attraversando e mi resi conto che tutto era cambiato e che non ero più un bambino. E cominciai a vedere mia madre come questa creatura straordinaria proveniente, tipo, da un’altra galassia, una madre la cui navicella era atterrata, o meglio, schiantata sulla Terra. Ed era mio compito insegnarle come respirare l’ossigeno e trovare un appartamento, che non è una cosa grandiosa per un ragazzino di 11 anni. Ma dopo la morte di mio padre mi dissi: “Sai cosa? Ok. Questa non è la struttura tradizionale della famiglia e devo farmi avanti e cominciare a fare tutto quello che posso”. Ma è interessante come, successivamente nella vita, quando cresci con un genitore, scopri cose su di lui che non avevi mai capito.

Quando mia madre compì 91 anni, ebbe un problema di salute per la prima volta nella sua vita. E si riprese, ma per me fu un promemoria, tipo: “Oh, aspetta un attimo. Sai una cosa? C’è in effetti un orologio che avanza e mia madre ha 91 anni, non ci sarà per sempre. E devo conoscerla in modi in cui la maggior parte delle persone non hanno la possibilità di conoscere un genitore. Non voglio che rimanga nulla di non detto tra noi. Non voglio che ci siano cose che non ricordo di lei, come è accaduto con mio padre”.

E così cominciammo ad avere questa conversazione. Io, intenzionalmente, le dissi: “Sai una cosa? Ho un’idea. Perché, io e te, non cominciamo questa conversazione, questo dialogo via e-mail di botta e risposta per il prossimo anno”. E abbiamo avuto questa fantastica conversazione in cui, all’improvviso, ho scoperto non solo tutte queste cose della sua vita, ma mi sono anche improvvisamente visto in un modo nuovo. Ho capito quanto io sia simile a lei in realtà.

È stata una rivelazione affascinante per me… Siamo simili in modi che a volte non necessariamente mi piacciono. Ad esempio ci sono spinte, una mancanza di appagamento e degli impulsi su cui vorrei essere più calmo, ma è… è una… È una cosa meravigliosa essere in grado di modificare la tua dinamica con qualcuno nella tua vita. E non è mai troppo tardi. Non è mai troppo tardi per cambiare il modo di affrontare una conversazione, di cercare davvero di sedersi e conversare.

Ma credo che apprendere in qualche modo a mettersi nei panni di qualcun altro sia molto importante. Non lo facciamo più. Sai, non siamo incoraggiati a farlo dalla gente nei media. Tutti vedono attraverso una lente particolare e io credo che ci sia un grande valore nel domandarsi, ogni tanto: “E se mi sbagliassi? E se il modo in cui vedo qualcosa sia sbagliato?” E sono completamente aperto a quella possibilità nella mia vita in qualsiasi momento. Tipo: “Forse devo uscire da me stesso, mettermi nei panni di questa persona per un po’ e vedere le cose attraverso i suoi occhi”. E credo che sia assolutamente ciò che mi ha aiutato a diventare o mi ha condotto a diventare un reporter. Per me non è naturale fare delle domande. Sono terribilmente timido. Ma comprendere qualcun altro, comprendere come qualcun altro sopravvive, comprendere come qualcun altro fa delle scelte, tutto ciò ha un valore incredibile.

[SUONO DI TRAFFICO E SIRENE]

Poiché ho sempre pensato che la prossima catastrofe sia proprio dietro l’angolo, non mi piace essere spaventato dalle cose. Non mi piace avere quella paura nello stomaco. E c’è sempre stata una cosa che ho evitato di fare, cioè ballare in televisione. Pensavo: “Nessuno vuole davvero vedere un cinquantatreenne bianco con i capelli grigi che balla”. Ma un paio d’anni fa sono andato a vedere Madonna al Barclays Center. E sono un grande fan di Madonna. Sai, sono cresciuto ascoltando la sua musica. Non vado ai concerti perché non mi piacciono le grosse folle e cose così. Ma Kelly Ripa ci andava, a vedere Madonna, e anche Mark Consuelos. E così sono andato con loro.

Ed eravamo tipo in prima fila. Mi stavo divertendo tantissimo. E il suo manager è venuto da me dicendo: “Ehi, sai, Madonna porta qualcuno sul palco. Vorrebbe che tu salissi sul palco e ballassi un po’ con lei”. E, voglio dire, avevo bevuto forse un paio di bicchieri di vino, che di solito non bevo, ma, sai, ero a un concerto. Ho pensato: “Sì, perché no”.

Quindi, a un certo punto, arriva qualcuno che mi prende e mi porta al lato di questa passerella lunghissima su cui lei sta ballando. E all’improvviso sono su questa enorme passerella in questo auditorium del Barclays Center con non so quante persone, 20.000 persone, 15.000 persone. Non ne ho idea. Ed è stata tipo un’esperienza extra-corporea. Vedevo me stesso dall’alto. Sono sul palco. Non avevo idea di ciò che stesse succedendo, non avevo idea di ciò che stessi facendo. E i suoi ballerini mi guardavano e io guardavo loro. Erano tutti incoraggianti. E pensai: “Oh, starà andando bene”.

E, a un certo punto, mi rendo conto che Madonna si sta strusciando contro di me. Penso: “Oh, non sapevo che questo facesse parte dello spettacolo”. Tipo: “Questo non è quello, quello… che sta succedendo?” E poi: “Oh, ok… sta succedendo veramente”. E poi lei mi prende le mani e comincia a saltellare su questa lunga passerella. E io penso: “Dovrei ballare, camminare o saltellare? Non saltello da quando avevo… Non lo so, ho mai saltellato?” E poi, all’improvviso, siamo di nuovo sul palco principale. E poi Madonna sta parlando.

E poi lei, all’improvviso, mi porge una banana, tra tutte le cose. E io penso: “Cosa dovrei farci con questa banana?” E così, a un certo punto, comincio semplicemente a sbucciare la banana e comincio a mangiarla, morso dopo morso. E all’improvviso mi rendo conto di essere su una specie di… tipo un piccolo, mini-cerchio che ha un motore al di sotto o una specie di carrucola e comincio a essere portato in basso sotto il palco mentre sto mangiando questa banana.

Così mi siedo sotto il palco per un po’ e lì c’è qualcuno che mi riporta da Kelly e Mark. E dico: “Cos’è appena successo?” E loro: “Oh, è stato grandioso, grandioso. È stato fantastico”. E io: “Davvero? Oh, ok”. E mi sento… Comincio a sentirmi… Sai, e il resto dello spettacolo è fantastico e mi prende tantissimo e mi diverto molto. Ero così eccitato. Pensavo: “Oh mio Dio. Non posso crederci. È stata un’esperienza incredibile. È stato eccezionale”. E siamo in macchina mentre torniamo in città e dico: “Oh, la gente stava facendo delle foto. Darò un’occhiata alle foto”. E ce n’è una… La prima foto che vedo è molto carina. Voglio mostrartela.

Sembra quasi: “Oh mio Dio. Sto ballando con Madonna”. È meravigliosa. Sembra che stiamo avendo questa fantastica esperienza sexy insieme sul palco. È davvero bella. E poi comincio a vedere i video, e non andava bene. Voglio dire, era terribile. Io… non so cosa stessi facendo. Non stavo… non stavo ballando. Ero… mi ero reso ridicolo. E la mattina dopo sarei dovuto andare in redazione e tutti quelli con cui lavoro mi avrebbero preso in giro. Sarei stato preso in giro da tutta Internet. E penso: “Sono proprio un idiota. Non posso credere quanto sia stato tremendo e umiliante”.

Ma poi, col tempo, non so. C’era qualcosa nel vedere questo video di me che facevo un lavoro terribile e fallivo davanti a migliaia di persone, che cominciai a vederlo come un distintivo di qualcosa tipo: “Sai una cosa? Ok. Mi sono reso ridicolo. Sono comunque una persona decente. Cerco di fare del bene agli altri. Cerco di capire le altre persone. E tutti stiamo lottando. Tutti abbiamo delle cose che non ci piacciono di noi stessi. Tutti ci rendiamo ridicoli”.

Mia madre cambiava continuamente il suo ambiente. Un giorno andai a casa di mia madre e aveva ridipinto i caminetti, ma non di un colore solo. Li aveva trasformati in opere d’arte. C’erano delle scritte, dei detti su di essi. E uno dei suoi caminetti aveva una scritta che diceva: “Sii gentile perché tutti coloro che incontri stanno combattendo una grande battaglia”. E… E credo che sia così importante. Sai, non sappiamo la battaglia che qualcun altro sta affrontando. Vediamo queste persone ballare sul palco e pensiamo che per loro vada tutto bene. Ma sono anche loro tristi e soli e combattuti come chiunque altro.

E sono molto più comprensivo verso le persone che stanno attraversando qualche tipo di cancellazione o distruzione pubblica. Ovviamente, se qualcuno ha fatto qualcosa di illegale o moralmente sbagliato, ovviamente, sai, è… è una cosa completamente diversa. Ma le persone che hanno semplicemente fatto qualcosa di stupido o detto qualcosa che non riflette chi sono davvero, verso di loro cerco di essere più comprensivo perché, sai, chi non ha detto qualcosa di incredibilmente stupido o avventato o incurante? E quella persona merita davvero, per il resto della sua vita, di essere conosciuta… solo per quello?

[SUONO DI TRAFFICO E DI PASSI]

Perciò eccoci qui. Siamo arrivati a destinazione, Hudson Yards, dov’è il mio ufficio, questo edificio di vetro nuovo, grande e moderno, ed è una specie di struttura straordinaria.

[SUONO DI GABBIANI]

Siamo ancora sulla High Line. È bello che si possano sentire i gabbiani che ci passano sopra proprio adesso. Nonostante siamo nel mezzo della città, con queste torri di vetro tutt’intorno a noi, adoro che ci siano i gabbiani perché l’acqua è solo a un paio di isolati da qui, alla nostra sinistra.

Prima temevo di andare al lavoro, voglio dire, non perché non mi piacesse il mio lavoro, ma solo pensare a tutte le cose che mi aspettavano e a tutte le cose che dovevo fare, e dovevo intervistare questa o quella persona, qualsiasi cosa mi serbasse la giornata. Ora non mi sento più così. Io… Trovo che camminare di certo aiuta, ma mi piace semplicemente cercare di non pensare a quello che verrà e a tutto quello che devo fare e pianificare. E ogni giorno cerco solo di essere più presente nei momenti della mia vita. Ed è così che viviamo più a lungo.

[SUONO DI PASSI]

In realtà adoro ballare… non quando sono su un palco davanti a migliaia di persone, ma quando sono semplicemente in un club. E per molto tempo nella comunità gay i club e i bar erano uno dei pochi posti in cui le persone gay potevano riunirsi e avere un senso di un po’ di libertà e sicurezza perché, sai, in molti casi, non potevano essere viste insieme in pubblico. Non potevano tenere la mano alla persona che amavano per strada, ma potevano andare in un bar. Potevano andare in un club ed essere sé stessi, e nel mondo gay questo è davvero liberatorio e straordinario da vivere.

Quindi, la prima canzone che voglio mettere, solo per me… È… È di un gruppo, The Communards, ma il cantante, Jimmy Somerville, aveva una band dal nome Bronski Beat. E ricordo che ascoltavo i Bronski Beat e Jimmy Somerville quando ero adolescente e durante i miei 20 anni. Lui era apertamente gay, e la canzone che ho scelto è “Never Can Say Goodbye”, che è un classico inno disco. Gloria Gaynor l’ha cantata e resa famosa. Adoro la sua versione, ma questa versione è un po’ più… Ti dà più la sensazione di, tipo, essere su una pista da ballo…

[LA MUSICA AUMENTA GRADUALMENTE]

… in un club e semplicemente un senso di libertà e un senso di possibilità.

[MUSICA - “NEVER CAN SAY GOODBYE” DEI THE COMMUNARDS]

Questa canzone è una di quelle che amo molto. È “Obeah Woman” di Nina Simone. È remixata da DJ Logic. Così il ritmo è più contemporaneo, ma la sua voce è semplicemente incredibile e la… la sua autenticità e l’emozione, la adoro.

[MUSICA - “OBEAH WOMAN (DJ LOGIC REMIX)” DI NINA SIMONE]

Voglio lasciarti con una canzone su cui corro e cammino spessissimo. È una selezione un po’ strana. È Beethoven. Non sono… Non so molto della musica classica, ma questa l’ha scritta quando era sordo. Quindi non riusciva a sentirla. È “Inno alla gioia” di Beethoven. E voglio che ne ascolti una parte perché è semplicemente… io la trovo trasformativa, specialmente il coro… C’è un momento in cui il coro esplode di gioia ed è… Ogni volta mi fa venire i brividi.

[MUSICA - “INNO ALLA GIOIA” CORO DI LUDWIG VAN BEETHOVEN ESEGUITO DALLA LONDON SYMPHONY ORCHESTRA, JOSEF KRIPS]

Scusa se ho divagato un po’. Tendo a farlo. Ma spero che per te sia stato divertente. Grazie per aver trovato il tempo di passeggiare con me oggi.